MATTINO NAPOLI
Intervista a Antonio Mazzella - Il
macchinista: «Scarsa manutenzione ma mi sento sicuro se sono alla guida» =
«Negli orari di punta i vagoni sono così affollati per le corse saltate che
bisogna scendere e spingere all`interno i passeggeri a mano»
Pietro Treccagnoli
Ha la stessa anzianità aziendale dei treni più nuovi
in servizio per la Cumana: 25 anni fa lui entrava nell'allora Sepsa, ora Eav, e
sui binari cominciavano a viaggiare nuove vetture. E quelle sono rimaste, dal
1991. Ma ce ne sono, come si sa, di molto più vecchie. Altrove le tengono nei
musei. Antonio Mazzella, 49 anni, due figli, originario di Bagnoli, residente a
Soccavo, è un macchinista, quindi è in prima linea quando ci sono i disagi e
anche quando tutto fila liscio. L'incidente di ieri mattina a Torregaveta, per
fortuna con un solo ferito (una donna, a una gamba), ripropone di nuovo il nodo
della sicurezza, ma Mazzella non se la sente di drammatizzare. Signor Mazzella,
come macchinista, non sente di essere a rischio quando conduce un treno della
Cumana? «Assolutamente no. Non si corrono forti rischi. Sarei davvero un pazzo
a mettermi alla guida di un treno se sapessi di mettere in pericolo la mia vita,
quella dei passeggeri e il futuro dei miei figli». Che idea s'è fatta dell'incidente
di Torregaveta? «Nello specifico non so risponderle. C'è un'inchiesta della
magistratura che farà chiarezza. Aspettiamo per sapere». Ma un'idea sua, con la
sua esperienza, se la sarà fatta? «Sicuramente non c'è stato errore umano da
parte del personale a bordo». Un errore da terra? «Neanche. La Cumana ha il
blocco elettrico centralizzato che predispone il percorso del treno da Montesanto
a Torregaveta. Tuttì i segnali vengono predisposti e controllati proprio dalla
centrale di Montesanto. L'incidente, secondo me, è il capitolo di una lunga
storia aziendale». Intende dire che ci sono delle responsabilità dell'azienda?
«Non precisamente. La responsabilità è politica e riguarda i tagli selvaggi che
sono stati fatti al sistema dei trasporti, almeno da sette-otto anni, se non
prima. Vecchi i mezzi, vecchia la rete, binari e rete di contatto da
verificare. Pochi fondi e manutenzione insufficiente». La manutenzione è un
tasto dolente. «La manutenzione c'è e i colleghi che se ne occupano sono bravi,
ma non è possibile fare quanto serve, con gravi disagi sulle corse». La scorsa
estate c'è stato un altro incidente alla Cumana: un vagone andò a fuoco nella
stazione di Fuorigrotta. Solo la prontezza del personale di bordo, che fece
subito scendere i passeggeri, evitò la tragedia. «In quel caso dipese dalla
vecchiaia della macchina. Insisto, la Cumana paga il prezzo dei tagli
nazionali: una parabola discendente cominciata alla fine degli anni Novanta. Ne
sono responsabili tutti i governi, di qualsiasi colore». Continuano i furti di
rame? «Sulle linee della Cumana non se ne segnalano più da anni. Avvenivano
sulla tratta Torregaveta-Licola. I furti erano compiuti di notte. Ce ne
accorgevamo solo la mattina successiva, alla ripresa del servizio che subiva
disagi pesanti, con l’annullamento di molte corse». Che problemi segnalate più
spesso? «Tanti. Le avarie sono frequenti. Nelle officine di manutenzione spesso
devono fare i salti mortali per rimettere in sesto le vetture, spesso
recuperando il materiale da vagoni dismessi». E nonostante questo lei si sente
sicuro? «Se riscontriamo problemi al treno non si parte. Il controllo è forte
ed è a monte». Il treno non parte, le corse saltano... «E monta la legittima
rabbia dei passeggeri. Nelle ore di punta, dalle 6,30 alle 8 di mattina, e alla
chiusura delle scuole, dalle 13 alle 15, i vagoni sono affollatissimi, tanto
che spesso non riusciamo nemmeno a chiudere le porte». E che fate? «Scendiamo e
spingiamo dentro i viaggiatori, a mano». Scene da terzo mondo. «E le proteste hanno
noi come bersaglio principale». Cosa fanno? Come reagiscono? «I viaggiatori
sono esasperati. Reagiscono con bestemmie rivolte a noi, sputi e talvolta c'è
scappato persino qualche ceffone, tanto che, ultimamente, in due casi al
Rione Traiano, sono intervenuti i carabinieri». Non sente la fatica di tutto
questo? «Naturalmente,ma lo metto nel conto. I disagi sono stressanti anche per
noi lavoratori. I nostri turni sono di sei ore e quaranta, ma spesso si
allungano, per i ritardi. In tutto questo capita frequentemente che non
riusciamo a fare le soste necessarie tra una fine-corsa e un'altra. Non c'è
tempo. L'utenza non può aspettare. Si arriva al capolinea e si riparte subito».